giovedì 24 novembre 2011

Wodaabe - Il popolo più bello del mondo

Giovani wodaabe nel corso della festa Geerewol (© Rosemary Sheel)
I Wodaabe sono una popolazione nomade di pastori che vive tra Mali, Nigeria, Senegal, Camerun e che ancora oggi tende a rifiutare quanto più possibile l'integrazione in modelli di vita 'occidentali'. Chiamati dagli estranei Bororo, essi sono un piccolo sottogruppo dell'etnia Fulani, di lingua Fula (tradizione orale) e di religione islamica. La loro strategia di sussistenza è basata quasi interamente sulla pastorizia e l'esigenza di nutrimento degli animali in rapporto alla variabilità atmosferica e climatica è la ragione del continuo nomadismo di tale popolazione su aree che possono anche essere di grandi dimensioni.

Il codice di comportamento dei Wodaabe sottolinea riserva, modestia, pazienza, forza d'animo, cura reciproca. Ma vengo enfatizzate anche bellezza e fascino – tant'è ch'essi si considerano la popolazione più bella del mondo. Sessualmente liberali, essi praticano inoltre la poligamia e - sebbene il primo matrimonio sia in genere disposto dai genitori quando la coppia è neonata - sono previste anche altre modalità di scelta reciproca da parte dei futuri coniugi, così come nel corso della lro vita sono possibili matrimoni supplementari.
La cerimonia con la quale ragazzi e ragazze in età da marito si incontrano per poi divenire futuri sposi è chiamata Geerewol ed è un vero e proprio concorso di bellezza ma... maschile, in cui sono le donne a scegliere uno tra gli uomini da incoronare “il più bello”.

Alla fine della stagione delle piogge, nel mese di settembre, i clan si riuniscono in questa festa tradizionale in cui giovani uomini, con elaborati make-up, piume e altri ornamenti, eseguono le Yaake, danze e canzoni per impressionare le donne. L'ideale di bellezza maschile prevede un'altezza significativa nonché denti e occhi bianchissimi, dove questi ultimi – nel corso della danza/esibizione di sé – vengono fatti roteare proprio perché si possa apprezzare il biancore della sclera.
Una donna non sposata designerà il vincitore, e da quel momento potrà appartarsi con lui. Parimenti verranno scelti anche altri uomini e seguiranno scambi di doni, celebrazioni di matrimoni e quindi la ripresa della vita tradizionale con nuove configurazioni famigliari.

Di seguito il trailer di un documentario etnografico ("Dance with the Wodaabes", di Sandrine Loncke, 90', 201) che ci parla delle loro danze e di questa cerimonia, per chi avesse piacere di lasciarsi incantare...

16 colpacci:

non ho capito se praticano anche la poliandria oltre la poligamia...

Poligamia è un termine che non distingue tra maschile/femminile. Invece specificamente praticano la poliginia - matrimonio di un uomo con più donne - anche in relazione alla religione islamica che glielo consente.
Però poi hanno un sistema complesso di gestione delle relazioni famigliari e dei figli in cui è anche contemplato l'eventuale abbandono del marito, il matrimonio con un nuovo partner e una certa 'ampiezza' di vedute e comportamenti.
Senza contare che anche in questo contesto il sistema tradizionale è comunque da sempre, e ora sempre più repentinamente, soggetto a cambiamenti - per quante resistenze ssi facciano - che vanno sempre più nella direzione della soddisfazione dei desideri personali.
Online trovi approfondimenti, a partire da quello cui linka il loro nome e che è una tesi di laurea che parla anche della struttura famigliare e sociale. Ciao!

Canti, danze, movimenti del corpo, espressioni del viso e degli occhi: straordinario. Mi interessa molto, ora vado ad approfondire l'argomento. Grazie della segnalazione!

Avevo visto qualcosa in un documentario legato alla preparazione di un vecchio ( che tu sai meglio di me lì è tale dopo i 40 anni) al rituale di settembre. Ricordo che chi non era scelto per primo di fatto si riteneva sconfitto: che strano noi uomini ocidentali siamo come loro anche se non ci imbacucchiamo.

Queste persone vivono bene secondo me. Non tirano a campare ma ogni giorno lottano e probabilmenrte sanno quali sono i veri piaceri. Come dici tu sono islamici ma immagino che non vadano all'estero a dare lezioni agli altri credenti e/o agli atei. Mi piacerebbe un giorno vederne qualcuno, sperando che l'uomo buono e colto non li faccia fuori tutti prima del tempo

Vi sono molti film e video sui Wodaabe in giro, anche perché queste loro decorazioni e danze sono particolamente efficaci a livello visivo. E sì, interpretazione dell'islam molto libertaria per tanti versi...

Le popolazioni nomadi presenti nel mondo sino a 70-80 anni orsono avevano un'aspettativa di vita ben ridotta rispetto a quella attuale delle società per così dire 'occidentali' o del nord del mondo, ma non è detto - come correttamente si evince anche dal tuo commento - che l'aspettativa di vita sia il criterio fondamentale per giudicare la qualità della stessa. Se prendessimo in considerazione il concetto di 'tempo libero' dal lavoro, verificheremmo che spesso nelle popolazioni nomadi, in epoca passata, ve n'era molto disponibile - e di qui giochi, feste, e anche ozio vero e proprio.

Bisogna fare però attenzione a non cadere nella tentazione di un romanticismo/primitivismo che diventa nuovamente un atteggiamento etnocentrico, ovvero pensare che queste popolazioni nomadi o seminomadi vivano oggi come vivevano appunto un'ottantina d'anni fa: oggi la desertificazione, l'espansione dell'ambiente urbano a scapito della campagna, gli interessi di gruppi di potere occidentali (eredi del colonialismo) nei paesi del sud del mondo stanno erodendo la possibilità di vita di tali popolazioni già solo perché non hanno più territori nei quali spostarsi o ambienti naturali cui attingere per la sopravvivenza dei propri animali. Senza contare che a livello culturale si partecipa tutti dell'esposizione alla contemporaneità, ai suoi elementi, ai suoi discorsi. Quindi non so se si possa dire che oggigiorno vivano bene: bisognerebbe chiederglielo, e magari attuare politiche che glielo permettano nelle forme e nei modi che loro desiderano :-)
[stesso discorso, va da sé, dovrebbe essere possibile anche per noi che viviamo qui e abbiamo modelli valoriali e di felicità diversi da quelli imperanti]

Periodo ricco di regali meravigliosi! :-)Inutile dirti quanto mi sia lasciata incantare, cara Cristina, e quanto mi affascinino queste popolazioni e le loro culture; noi, occidentali sussiegosi, chiusi ed impermeabili (in generale) al diverso da noi, incapaci di apprendere, captare ciò che di buono potremmo fare anche nostro....
Ho gradito immensamente, grazie! ;-)*

Io dico che vivono bene nel senso che non hanno gli stress che accompagnano ogni giorno la vita di ognuno di noi (disoccupati, avvocati, operai, casalinghe ecc). Non devono pensare al galateo, a chinare la testa verso il capo in ufficio, ad andare a messa tutte le domeniche, a portare il cellulare in tasca e i bambini all'asilo.
Penso che i loro problemi sappiano risolverli con calma e fermezza senza piangersi addosso.

@ Ginevra: grazie. Personalmente queste immagini mi fanno proprio provare quel piacere estetico che è a premessa di questo blog. Perché ciò che sento non è attrazione fisica nei loro confronti, ma fascinazione sia per la cultura in sé, sia per l'immaginario a questa associato in quanto popolazione nomade (e qui ve ne sarebbero di cose da dire!), sia ancora per i loro movimenti così aggraziati - nella mia percezione.

@ Inneres Auge: beh, però devono pensare ad altro, tipo a dove portare la mandria ad abbeverarsi in uno spazio sempre più deserto e delimitato da proprietari di territori recintati e non accessibili, a difendersi da gente armata e forze di polizia o militari che vagano indisturbate e li possono fare secchi in ogni istante, da coloro che magari mettono un bel copyright sulla loro musica tradizionale e poi vanno da loro a chiedere il pagamento di diritti nel caso vogliano ancora eseguirla nel contesto delle loro cerimonie. Quindi non è tutta rose e fiori la loro esistenza, eh?, anzi! E non so se riescano a risolvere i loro problemi con pacatezza e fermezza, non ho informazioni in merito: credo che possiamo fare solo supposizioni e molte stanno negli stereotipi romantici relativi alle popolazioni nomadi che non sempre corrispondono alla loro realtà.

Quello che dico è: chiunque siano loro e chiunque siamo noi, 1) non esistono parametri assoluti per definire quella che è una vita felice (io potrei essere d'accordo per te e preferire la lotta per la sopravvivenza al chinare la testa a un capo in un ufficio, ma questo vale per me e te: non è un valore assoluto in cui si riconoscono o devono per forza riconoscersi tutti) e 2) ciò che ritengo importante è che tutti si venga interrogati su cosa ci renderebbe felice, e le politiche cui siamo soggetti seguando questo e non ci impongano modelli che *non* vogliamo perché non li sentiamo desiderabili per noi. E siamo mooooolto distanti da che ciò accada :-(((

Sono belli davvero, grazie Cristina per questo tuffo in tale dimensione.
Ma quanto siamo lontani da loro e mi chiedo chi ha perso di più tra noi che viviamo una vita prefabbricata su misura o loro che vivono appieno la natura e hanno rapporti sociali così stretti e produttivi.
Sono convinta che nessuno di loro conosca la solitudine che è la vera conquista della nostra cultura occidentale

Non avevo mai sentito parlare di questo popolo e questo dimostra che non si è mai troppo colti. Grazie per avere colmato una lacuna. Il filmato è bello e la danza dinnanzi al fuoco mi ricorda quella dei Watussi, statura permettendo. Ciao.

Interessantissimo il pezzo. Mi affascima il riferimento alla bellezza esteriore come vera esca d'amore! In questo in fondo siamo un po' tutti simili, siamo un po' tutti animali nel senso più positivo del termine!
L'idea dei matrimoni supplementari, poi, è fantatica e - personalmente - mi esalta! Grazie!!

Scusami per i refusi, Cristina, scusatemi tutti.

@ Marisa: non ho idea di come né di quanto vivano la dimensione della solitudine. Però tieni conto che la solitudine - cui tu dai un'accezione negativa - è una deriva di quelle cose proprie del mondo contemporaneo occidentale che sono l'anonimato e la libertà personale, le quali permettono a ciascuno di noi di aggirarsi indisturbato in una città e di non sottostare a obblighi di comunità spesso anche contro i propri desideri individuali. Senza parlare del fatto che poi ognuno di noi le dà una interpretazione soggettiva in termini di positività/negatività. Io penso che la cosa importante sia avere la libertà di scelta, quindi *mai* vivrei in contesti in cui la collettività è prioritaria rispetto all'individuo, così come della solitudine dò un'interpretazione positiva - tant'è che è una condizione cui ambisco (perché stare da sola mi piace, spesso infinitamente più che stare in compagnia) - però sono ben felice se chi non se la vive bene avesse più occasioni e meno ipocrisie del mondo intorno e così potesse non sentire questa carenza di relazione :-)

@ Elio: "non si è mai troppo colti", così come l'umanità ha sempre elementi con i quali possiamo sorprenderci e magari pensare che valga la pena lottare e impegnarci per custodire l'esistenza di questo mondo e degli esseri umani che lo popolano :-)

@ Elena: a me affascina proprio anche il confronto tra ideali/modelli diversi di questo elemento, per cui le risposte non possono mai essere definitive - ovvero "una cosa è bella per me" e *mai* direi che una cosa sia bella in assoluto.
Credo sia per questo che uso spesso parole quali incanto, meraviglia, sorpresa, fascino in luogo di "bellezza" - perché rapporto sempre il discorso alla mia percezione e questo, appunto, non per delirio di protagonismo, ma per al contrario volontà di relativizzare qualsiasi punto di vista, incluso il mio :-)

Cioè tu guarda che facce e che gioia negli uocchi?! E chi glie lo fa fare ad entrare nel nostro squallido modello occidentale?! Mi sorprendo ancora di fronte ad alcuni uomini... incredibile :)

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